IL CRANIO DELLA TIGRE DAI DENTI A SCIABOLA

Questo esemplare di smilodonte (la “tigre dai denti a sciabola”) - Smilodon californicus, Bovard 1907 — proviene dalle collezioni del Museo di Paleontologia e Preistoria Piero Leonardi (SMA Ferrara) ed è solitamente esposto nella vetrina dedicata all’ordine dei Carnivori della sezione di Paleontologia dei Vertebrati. Il Museo Leonardi fu fondato nel 1964 e prende il nome dal Prof. Piero Leonardi, titolare dal 1949 della prima cattedra di Geologia dell'Ateneo di Ferrara. Il Prof. Leonardi fu geologo, paleontologo e naturalista e combinò queste sue attitudini alla passione per la museologia, ritenendo fondamentale l’istituzione di un museo concepito come laboratorio a completamento della formazione universitaria. 

Il cranio e la mandibola di smilodonte furono donati all’Università di Ferrara negli anni ‘40 e appartengono ad uno dei tremila fossili di felini, rinvenuti nelle pozze di catrame del Quaternario di Rancho La Brea, in California, databili al Pleistocene superiore.

Lo smilodonte é un felide dai lunghissimi canini superiori ed é uno dei carnivori che abitavano nel territorio corrispondente agli attuali Stati Uniti occidentali fino circa 10 mila anni fa. Gli studiosi ritengono che questo felino, di taglia simile all’attuale leone ma con la coda corta, fosse un abile predatore di ungulati di grande taglia, come bisonti e cavalli che vivevano nelle praterie nordamericane.


Indagini diagnostiche non distruttive per la conoscenza, rappresentazione e conservazione dei beni museali.

Questo reperto si presenta in un ottimo stato di fossilizzazione, ma alcune parti anatomiche non sono originali e sono state integrate e completate per fini didattici ed espositivi. Per questo motivo, il cranio e la mandibola sono stati sottoposti a scansione tomografica 3D, eseguita presso la ditta Remet Controlli di Bologna, con tomografo NIKON XT1-225ST, per identificare l'estensione delle integrazioni in gesso e valutarne lo stato di conservazione. Questa analisi ha permesso di evidenziare, non solo le strutture anatomiche originali ma anche quelle ricostruite, la loro dimensione e la valutazione dell’effettivo stato di conservazione del pezzo. Infatti, si sono identificate delle microfratture interne, soprattutto nelle parti in gesso, non visibili esternamente, sulle quali sarà necessario programmare un futuro intervento di consolidamento e restauro.

Questa tecnologia si è dimostrata molto valida ed utile per approfondire |’analisi delle strutture anatomiche e pianificare le azioni di restauro nel modo meno invasivo possibile.



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laboratorio@remet.it

Coordinamento scientifico: Ursula Thun Hohenstein, Dipartimento di Studi Umanistici, Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Ferrara e Marcello Balzani, Fabiana Raco, DIAPReM/TekneHub, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara.

Gruppo di ricerca: Virginia Lattao, Marco Bertolini, Dipartimento di Studi Umanistici e Martina Suppa, Dottorato IDAUP XXIV Ciclo, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara.

In collaborazione con: REMET, Nikon, Clust-ER BUILD, Museo di paleontologia e Preistoria - Sistema Museale di Ateneo di Ferrara.